NOTA SUI LINGUAGGI DELL’OPERA IN VERSI E DELL’OPERA IN PROSA
(In occasione dell'uscita da Macchione Editore della mia seconda raccolta di poesie
Sotto il manto di Elias, marzo 2025)
Diverse le sintassi, diversi i tessuti, certamente. E forse il poeta è, innanzi tutto, un lettore lentissimo, perché gusta (quando ritenga lo meritino, altrimenti si ferma) le singole "righe", le singole "pagine", manifestando, così, amore per la parola e per il suo senso profondo (1). Ma a sorreggere la tesi che tra i due linguaggi ci sia ben di più di una qualche apertura occorrerebbe un intero articolo. Mi limito perciò a ricordare qui di seguito alcuni importanti esempi.
Secondo il letterato greco Nasos Vaghenàs "Borges si esprime in poesia servendosi dei mezzi della prosa, di una prosa che tra l'altro indossa una maschera ulteriore, quella dello stile saggistico; la sua fama è comunque dovuta più alle opere in prosa che a quelle in poesia, fermo restando che la prosa borgesiana si caratterizza per la sua poeticità, tanto da poterla definire prosa poetica" (2). Non è il solo! Rimaniamo a casa nostra e consideriamo il principio della novella "La Roba": "Il viandante che andava lungo il Biviere di Lentini […] se domandava: ‘Qui di chi è?', sentiva rispondersi: ‘Di Mazzarò [...] Pareva che fosse di Mazzarò perfino il sole che tramontava, e le cicale che ronzavano e gli uccelli che andavano a rannicchiarsi col volo breve dietro le zolle, e il sibilo dell'assiolo nel bosco". In questo ritmo non si ritrova forse una "poesia in prosa" (così Eugenio Donadoni, ricco e profondo "giudice dei poeti", scrisse Attilio Momigliano)? E la prosa carducciana? Non spicca per il valore della critica (egli è debitore di De Sanctis), bensì in quanto lavorata come poesia, con attenzione alla musica (altra convivenza, dunque) (3). Ma prima di lui e più profondamente di lui è a Leopardi che ci si deve riferire per le tensioni, le sovrapposizioni tra poesia e prosa. E oggi? Si può citare la "prosa poetica" di Giampiero Neri (m. a Milano nel 2023).
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(1) Avendo tanto imparato dal mio Maestro, il compianto prof. Francesco Marani, docente universitario e poeta, a muovermi in un certo "sistema di segni tracciati", ricordo che in una sua poesia, datata 10-4-2010 , retrocedendo nel tempo Egli giunge "fino a un punto d'arresto". E dice: " [...] Vi scorgo un volto [...] che [...] mi guarda fissamente / come se non m'avesse mai lasciato / Era il tempo degli Angeli Custodi." (Falso plurale, Book Editore, 2010, p.97.)
(2) Cfr. J.L.Borges, "L'enigma della poesia e la resurrezione della parola", Il Sole 24 Ore, Domenica, 02/03/2025.
(3) Nell'antichità classica, le pratiche di danza, musica e poesia non erano "pensate" come attività distinte una dall'altra, così come siamo abituati a classificarle oggi, ma ognuna di queste arti non poteva prescindere dalle altre. Il coreuta del teatro greco era nello stesso tempo poeta-attore, musicista e danzatore.
LA SCOMPARSA DI PASQUALE MAFFEO
Uno scrittore per amico
Se n'è andato a fine settembre il mio caro amico Pasquale Maffeo, scrittore poeta drammaturgo traduttore critico letterario. Ci eravamo conosciuti tanti anni fa in ambiente scolastico: lui presidente, io commissario in un esame di Stato a Imola. La nostra amicizia è poi cresciuta sul filo di comuni interessi e visioni letterarie: notevole il suo romanzo
Prete Salvatico (1989), che lo ha qualificato indagatore di anime, ma è stata soprattutto la sua produzione poetica a sedurmi, dove il versus ha proclamato la più rigorosa separazione dall'opera in prosa: ricordo, in particolare, le raccolte
Straniero alla finestra (1978, "Straniero, alla finestra guardo il mondo / che irride queste esilio, mia vittoria") e
Diciture (2006, "Grondano le aurore / su chi nasce su chi muore"). Scrisse la prefazione del mio
Davanti al sasso, primo libro della collana, nata nel 1994 e chiusa agli inizi del nuovo secolo, di cui egli assunse la direzione dopo che la stessa ebbe ospitato la sua raccolta di articoli
Interni del Novecento, prefata da Simonetta Bartolini. La tiravamo lunga nelle nostre chiacchierate sui colloqui che si stabiliscono scrivendo ed anche per questa consuetudine finii con l'affiancarlo, indegnamente, nella commissione di un premio di poesia. Purtroppo, dopo il suo trasferimento da Modena verso il golfo di Gaeta, rimanendo egli sempre fedele alla sua vocazione di scrittore mentre io sentivo il bisogno di capire se avessi mai una qualche vocazione, ci siamo persi un po' di vista: ci sentivamo in occasione del Natale per scambiarci gli auguri: mi rispondeva al telefono, con voce soleggiata e gentile, la sua premurosa compagna di vita, moglie e madre, la signora Gianna. Concludendo l'ultimo tratto del nostro dialogo, Pasquale mi salutò così: "Non sto bene in salute, ma sono sereno": c'era, in quelle sue parole, la speranza, del poeta, di "orti d'oro", "orti azzurri". Abbiamo perso, con lui, uno scrittore teso a far "rifulgere una civiltà": il suo cospicuo fondo presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore, conservatore il prof. Giuseppe Lupo, fornirà certo, negli anni a venire, preziosi spunti e riferimenti per documentati studi sul passo del narratore, sul calore del poeta, sui "linguaggi separati" dell'uno e dell'altro; sulla "lievitazione" che ha "dato respiro" ai suoi volumi, fino al suo ultimo romanzo, una storia tra il "male che sfregia" e lo splendore divino:
La risata dell'Invisibile (2019).
Correggio, ottobre 2024
L'OPZIONE PRATOLINI E L'ARTE DI FARSI LEGGERE
Se ad alcuni sembra che certe immagini disturbino le copertine (e perciò l'occhio si offende) - ma Protagora dà ragione a tutti -, anche un seguace del filosofo di Abdera dovrebbe ammettere che serpeggia, nella narrativa contemporanea, una certa povertà inventiva. Ah (!), direbbe subito un informatissimo lettore pronto a prenderci in castagna: "Questo lo aveva già scritto Eugenio Donadoni nella sua
Breve storia della letteratura italiana, Signorelli, p.353. E correva l'anno 1941!". E giù il rimprovero, dunque, a ragione, almeno per la mancanza delle virgolette: «certa povertà inventiva». Già, proprio così. E allora? Allora io, nel mio piccolo, simpatizzo per lo scrittore moderno che soddisfa a due condizioni, due requisiti: 1) il rispetto di quello che chiamerei l'opzione Pratolini: "Non si racconta, almeno per quello che mi riguarda, ciò che non si conosce, anche se esiste, e io mi inchino, chi può scrivere quello che non conosce e che inventa. Io sono invece per scrivere ciò che si conosce o che si inventa all'interno della nostra conoscenza, della nostra esperienza" (da un'intervista romana di Luciano Luisi del maggio 1988); 2) il possesso dell'«arte di farsi leggere» (ora faccio il mio dovere e metto i caporali: v. E. Donadoni,
ibid.). Qualcuno dirà (in effetti, è stato detto, ma non ho il tempo di controllare): c'è chi scrive trasformando le disgrazie altrui in diritti d'autore. Ma è solo una supposizione, forse l'ombra di un sospetto... un'ombra sorta dall'ansia di risalire all'ordito del racconto.
Recensione di "Massimilla MCMLXXV":
https://lacasadicartapapirnatahisa.wordpress.com/2021/10/13/bilogia-appena-uscita/
Recensione di "Solo uno sbirro":
https://www.facebook.com/story.php?story_fbid=158194942658131&id=100054028772530